Napoli–Atalanta è stata una partita ricca di spunti tattici molto interessanti, da ambo le parti. Diversi, ovviamente, i frutti generati dalle mosse dei due allenatori. Decisamente negativi per la squadra partenopea. Tutt’altro che casuali, invece, a favore degli ospiti. In effetti, non può nutrire alcun rimpianto Conte, consapevole che coraggio e ambizione degli orobici hanno fatto la differenza. Non si dimentichi però quanto i nerazzurri abbiano manovrato con trappa facilità, al cospetto di una capolista indubbiamente troppo passiva. E poi alcuni gesti tecnici di alto livello in occasione dei principali episodi chiave del match, nati peraltro in maniera nient’affatto casuale. Che hanno cambiato l’inerzia della gara, finendo per procurare un netto vantaggio, strategico ed emotivo, alla Dea. Legittimando, dunque, il risultato finale.
Il pressing visto contro il Napoli rimane una confortante consuetudine per Gasperini, che ha voluto proporre qualcosa di diverso. E se Pasalic al posto di Samardžić era probabile, più originale è stata la decisione di panchinare Retegui, escludendolo dall’undici di partenza. In effetti, pur disponendosi con il solito 4-3-2-1, la scelta dell’allenatore nerazzurro di sacrificare il capocannoniere del campionato era orientata a mettere sul tavolo le migliori capacità di palleggio e gestione dello spazio tra le linee di tre offensive players assai mobili. Così da sottrarli alla fisicità di Rrahmani e Buongiorno. Con Lookman e De Ketelaere punte atipiche, dotate di tecnica sopraffina nello stretto, schierate a piede invertito. Evidente l’intenzione di svuotare il cono di luce centrale, aprendosi molto, quasi con i piedi sulla linea, obbligando Di Lorenzo ad accettare pericolosissimi uno vs uno contro l’anglo-nigeriano. E Buongiorno a staccarsi dalla linea come mai avevamo visto fare, nel vano tentativo di disinnescare la vena creativa del belga.
Il vantaggio posizionale di Pasalic
Se non bastasse, alle loro spalle Pasalic è stato chirurgico, spendendosi in un lavoro oscuro, nonché efficacissimo. In primis, si alzava su Gilmour, schermandolo nella impostazione, al punto da forzarne qualsiasi passaggio. Quindi, dopo aver negato tracce pulite in uscita, gli scivolava alle spalle, proponendosi nella classica posizione di trequartista, convertendola in pratico vantaggio posizionale. Perché obbligava la difesa a correre all’indietro, sciamando in campo aperto. Il Napoli aveva enormi difficoltà a comprimere gli spazi, visto che né Lookman, tantomeno De Ketelaere, tagliavano in profondità. Anzi, rimanendo assai ampi, piuttosto che stringere ai fianchi del croato, cambiavano inevitabilmente la prospettiva alla retroguardia dei padroni di casa. Condizionata dall’insicurezza di dover gestire la profondità.
Conte ha cercato una soluzione, tipo far rompere l’allineamento a Buongiorno. In ogni caso, a scapito della compattezza. I terzini avrebbero dovuto ripiegare con una intensità palesemente superiore. E amministrare meglio le situazioni di uno contro uno. Il raddoppio che spezza le gambe al Napoli nel momento in cui stava giocando meglio, per esempio, scaturisce dalla freddezza di Lookman nel puntare e saltare Di Lorenzo. Per la verità, il capitano non doveva accettare quel rischiosissimo isolamento. Non hanno funzionato come i soliti meccanismi di scalata, con Politano in ritardo nell’abbassarsi da quinto a destra. E forse Meret avrebbe potuto fare qualcosina in più su quel tracciante beffardo.
Schiacciati dal pressing atalantino
Paradossalmente, il Napoli ha pagato senza appello il tradizionale approccio difensivo, che tanto gli aveva giovato finora (ottenendo il massimo con uno scarto minimo), ripiegando in fase di non possesso dal 4-4-2 al 5-4-1, nella propria trequarti. Questa volta, tuttavia, abbassare il baricentro in corso d’opera non era una scelta voluta e consapevole, per non rischiare alcunché. Bensì una conseguenza del pressing imposto alla controparte da Gasperini. Che costringeva Di Lorenzo da terzo centrale. Mentre Anguissa scivolava lateralmente, come esterno destro di centrocampo, imitato da Kvaratskhelia sul versante opposto. Mantenendo McTominay e Gilmour coppia di mediani.
L’eccesso di prudenza, associato all’aggressività dei nerazzurri, invece di preservare la struttura posizionale sottopalla, ha determinato un cortocircuito. Di certo nessuno poteva immaginarsi una scoppola del genere: fino a ieri gli azzurri vantavano la miglior difesa della Serie A. Sarà banale, ma questa batosta contribuisce a far sparire un mucchio di solide certezze. Vero è che un progetto nuovo come quello iniziato da Conte ha bisogno di tempo per stratificarsi, alla stregua di un cantiere aperto.
Adesso all’ombra del Vesuvio devono affidarsi a un vecchio adagio, buono per tutte le stagioni: il campionato è ancora lunga. Nondimeno, avendo già raggiunto una classifica interessante, sarebbe stupido per il Napoli non provare ad accelerare il processo di crescita, continuando a inseguire un obiettivo ben più ambizioso del mero ritorno in Champions League.
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