E’ innegabile che Giacomo Raspadori stia attraversando una fase regressiva della sua carriera. Almeno con il Napoli, perché in Nazionale Jack sta dimostrando di avere la fiducia incondizionata del commissario tecnico. Le ansie da prestazione sembrano la causa principale del momento estremamente complicata che sta attraversando nel club partenopeo. Alla vigilia del match contro il Lecce, le dichiarazioni rilasciate da Antonio Conte nella consueta conferenza stampa pregara non hanno certamente contribuito a risollevargli il morale. Anzi, ne hanno ristretto maggiormente gli spazi, all’interno di un modulo che già non l’aiuta.
“Raspadori lo vedo concentrato su quello che stiamo facendo. Per me è una seconda punta, come McTominay. Lo vedo in quella posizione”.
Insomma, la storia si ripete all’ombra del Vesuvio. Adesso ci si mette pure il ballottaggio con lo scozzese a sottrargli scampoli di continuità. Considerando altissimo il livello della concorrenza per occupare lo slot di centravanti – prima Osimhen, oggi Lukaku -, tale da non potergli assolutamente garantire il minutaggio che anelava.
Urge stabilità e minutaggio
Quando il Napoli acquistò tre estati fa Raspadori gli esperti di mercato lo giudicarono un ottimo affare. In effetti, con la maglia del Sassuolo, aveva bruciato le tappe, in virtù di una buona attitudine nel leggere il gioco, abbinata a tecnica di base decisamente superiore alla media dei pari età. Dimostrando così di poter misurare le proprie ambizioni mettendosi alla prova in una grande piazza. Col senno di poi, una scelta tutt’altro che lungimirante. Che sicuramente l’ha gratificato, ma solo in parte. Nell’anno dello scudetto, infatti, si è vista la miglior versione di Raspa (come affettuosamente lo chiamava Spalletti).
Ovviamente, le colpe di tanta depressione calcistica non sono tutte sue. Nel senso che la stagione successiva, i tre “fenomeni” alternatisi sulla panchina dei Campioni d’Italia non hanno saputo valorizzarlo appieno, incapaci di trovargli una posizione definitiva, schierandolo poco da punta pura. Preferendolo invece spostarlo sull’esterno, dove svolge compiti assai dispendiosi. Sacrificandosi moltissimo nel cucire la manovra. Una forzatura tattica che ha finito per risucchiarlo in una drammatica parabola discendente. Forse perché gli manca l’istinto predatorio negli ultimi sedici metri, che de facto fa la differenza tra discreto e straordinario offensive player.
Il problema di fondo è che Raspadori avrebbe bisogno di stabilità. Evidente, però, che partendo spesso dalla panchina è costretto ad accattonare scampoli di partite qua e là. Con la conseguenza pratica di mortificare oltremodo un potenziale talento che gli addetti ai lavori percepiscono ancora come attaccante. Perciò, in un contesto del genere, col mercato di riparazione che si profila all’orizzonte, è inevitabile cominciare a pensare di cambiare aria.
Il mercato stimola Raspadori
Insomma, Raspadori si trova in una situazione scomoda. Sarebbe sensato decidere di andare via. Cogliere al volo l’opportunità di rinascere altrove. Un nuovo inizio, quindi, per rimettersi in discussione. Tornare a fare gol, senza accantonare le sue peculiarità fondamentali. Cioè, associarsi coi compagni, offrendo loro un appoggio costante, consentendo alla squadra di risalire compatta, dialogando sul breve.
Sono solamente voci, ma rimane forte l’impressione che nei prossimi mesi alcune tra le Big della Serie A (presumibile, Juve, Milan e Atalanta) sonderanno il Napoli per capire se sussistano le condizioni di cambiare lo status attuale al numero 81 in magli azzurra: da riserva di lusso a riferimento inamovibile nelle rotazioni. Del resto, a Castelvolturno hanno fissato il prezzo: 30 milioni e se lo portano via.
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