La cessione di Osimhen provocherà smarrimento, pari solo agli strappi del suo sostituto

Una decina di giorni al debutto stagionale in Coppa Italia, contro il Modena, meno di due settimane alla prima di campionato a Verona, eppure il Napoli non sa ancora chi sarà il “nove” titolare. Dovrebbe toccare a uno tra Cheddira, Simeone o Raspadori. Jack ieri ha entusiasmato i tifosi che assiepavano le tribune del “Patini”, segnando il gol capolavoro che ha deciso il test-match contro il Brest: controllo al volo di destro, tocco risolutivo di sinistro. Una giocata molto bella ed efficace, con cui l’ex Sassuolo ha lanciato un messaggio alla concorrenza interna. D’altronde, come da consuetudine estiva, Victor Osimhen pur lavorando in gruppo nelle sedute tattiche, salta puntualmente le amichevoli. Onde evitare il rischio infortuni, sempre dietro l’angolo.
Finora questo stallo non ha generato tensioni. Almeno nello staff tecnico. Perchè tra la gente comincia a serpeggiare un clima di incertezza. Nelle ultime quattro stagioni gli onori connessi a chi indossa una maglia indubbiamente pesante, con quel numero iconico, erano tutti destinati a Osimhen. Ma nel momento stesso che ha accettato il fascino seduttivo dei soldi, il nigeriano d’incanto s’è trasformato in uno dei giocatori più divisivi della recente storia azzurra. In grado di suscitare grande rammarico in quella parte di tifosi affascinati dagli strappi con cui aveva bullizzato i difensori della Serie A, specialmente nell’anno dello scudetto. Un rimpianto pari solamente all’orticaria prodotta nei napoletani dalle situazioni dove l’attaccante mascherato ha manifestato i suoi innegabili limiti.
A Napoli spesso “nove” iconici
C’entra, ovviamente, l’idea stessa che all’ombra del Vesuvio ha la gente del centravanti, avendo avuto nella loro storia vere e proprie leggende – italiane e straniere – del ruolo, sui quali proiettare sogni e speranze. Adesso a Romelu Lukaku, che presumibilmente dovrebbe raccoglierne l’eredità, toccherà generare una nuova connessione emotiva, facendo innamorare un’intera tifoseria. Mentre in città si chiedono se sarà capace di essere quel tipo di attaccante che trasforma in normalità cose decisamente straordinarie. Come la storia del Napoli, del resto, gli imporrebbe di fare.

Del resto, occupando la stessa porzione di campo, su Victor e Romelu grava (quasi…) tutto il peso della manovra offensiva. Un onere sicuramente non eccessivo da sostenere. Specialmente se il passaggio di consegne dovesse concretizzarsi effettivamente. Così da sfruttare Lukaku in quelle situazioni di gioco dove fa maggiormente la differenza. Privilegiando una strategia orientata al lancio lungo. Un calcio diretto e verticale, ideale a rompere la pressione altrui. Costringendo gli avversari a difendere lo spazio profondo, correndo all’indietro verso la propria porta.
Perciò Antonio Conte vuole solo il belga per non dover poi cambiare radicalmente il reparto offensivo. Tanto è bastato alla società per smuovere mari e monti con largo anticipo pur di accontentare l’Uomo del Salento. Innegabile persistano delle criticità, con Big Rom che nel frattempo continua ad allenarsi in solitudine presso il training center del Chelsea, a Cobham. Poichè Enzo Maresca l’ha escluso dalla lista dei convocati per la tournée in Usa dei “Blues”.
Il garante resta Conte
In definitiva, le voci che si rincorrono con cadenza quotidiana sembrano lanciare un ponte tra il presente ed il futuro dell’attacco azzurro, unendo al medesimo destino Osimhen e Lukaku in virtù di una filosofia aziendale che potrà apparire logica in chiave gestionale. Nondimeno, suscita qualche perplessità circa il reale adattamento nel passare da un centravanti elettrico ed accentratore ad uno iperverticale, che usa i compagni come sponde. E dopo si butta dentro. Il garante dell’intera operazione rimane Conte. Convinto che non ci sia differenza, ritenendoli entrambi, a modo loro, totalmente autosufficienti. Ergo, capaci di calarsi nella parte.

Ma consegnare le chiavi del reparto offensivo a Lukaku significa fare della sua fisicità un atto di fede. Perché questo fa un centravanti posizionale: si apre spazi a sportellate. Sperando che basti a surrogare i devastanti cambi di direzione di Osimhen. La celebrazione di una dominanza muscolare, magari superiore alle abilità nei fondamentali espressi in campo aperto. Che per il nigeriano si traduceva nella ricerca continua delle zone in cui andarsi a infilare, smarcandosi alle spalle dei difensori.
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