24 Aprile 2025

Rinus Michels: l’uomo che insegnò al calcio a pensare

Rinus Michels: l’uomo che insegnò al calcio a pensare

Ci sono uomini che vincono. Ci sono uomini che lasciano un’impronta. E poi ci sono uomini che riscrivono le regole del gioco. Rinus Michels appartiene a quest’ultima categoria. Non perché abbia vinto più di tutti – in fondo, il suo palmarès, per quanto prestigioso, impallidisce davanti a quello di alcuni tecnici venuti dopo di lui – ma perché ha cambiato per sempre il modo in cui si gioca a calcio. E non è un’esagerazione: senza Michels, non esisterebbero il Milan di Sacchi, il Barcellona di Guardiola, l’Ajax di Van Gaal. Senza Michels, il calcio sarebbe rimasto ingabbiato nella rigidità tattica di un tempo ormai dimenticato.

L’Olanda di fine anni ’60: tra cambiamento e rivoluzione

Per capire Michels, bisogna capire l’Olanda di quegli anni. Un paese che si affaccia agli anni ’70 con un’anima divisa: da una parte la tradizione, dall’altra un’ondata di ribellione che travolge tutto. Sono gli anni della contestazione studentesca, delle prime avvisaglie della crisi petrolifera, di un’Europa che cambia volto. E in questo contesto, il calcio olandese è ancora un universo da scoprire. Non ha ancora vinto nulla di importante, le sue squadre non hanno il peso specifico delle italiane o delle inglesi. Ma ad Amsterdam sta nascendo qualcosa.

Quando Rinus Michels arriva all’Ajax nel 1965, il club è una buona squadra, ma nulla di più. Lui invece ha un’idea ben precisa di cosa vuole fare: vuole un calcio che pensi, che non sia solo corsa e sacrificio, ma anche armonia e controllo. Vuole una squadra che giochi con il pallone, non contro di esso.

Il Calcio Totale: la rivoluzione del pensiero tattico

Il concetto è semplice e al tempo stesso rivoluzionario: tutti devono saper fare tutto. Non esistono più ruoli fissi, ma solo posizioni dinamiche. Il difensore centrale può costruire l’azione, l’attaccante deve essere il primo difensore, il centrocampista deve sapersi muovere in ogni zona del campo. Ma per fare questo serve una condizione atletica straordinaria, una velocità di pensiero superiore, un’intelligenza tattica fuori dal comune.

E qui entra in scena Johan Cruijff, il giocatore che ha capito Michels prima e meglio di tutti. Con lui al centro del progetto, l’Ajax vince tre Coppe dei Campioni consecutive tra il 1971 e il 1973, mostrando al mondo un calcio mai visto prima. Ma la consacrazione arriva nel 1974, quando Michels porta il suo calcio totale ai Mondiali con l’Olanda.

L’Arancia Meccanica incanta il mondo, distrugge i campioni in carica del Brasile, umilia l’Argentina, ma si ferma a un passo dal sogno contro la Germania di Beckenbauer. È la sconfitta più bella della storia del calcio. Perché quella squadra ha perso, ma il suo modo di giocare rimarrà eterno.

Il trionfo del 1988: l’ultimo capolavoro

Quattordici anni dopo quella finale mondiale persa, Michels si ritrova di nuovo sulla panchina dell’Olanda, con un’altra generazione di fenomeni. C’è un altro numero 14 a guidare la squadra, ma questa volta non si chiama Johan, bensì Marco. Van Basten è il fuoriclasse totale, il bomber che si muove con la leggerezza di un ballerino. Con lui ci sono Rijkaard, Gullit, Koeman: un’Olanda fortissima, ma ancora segnata da quella maledizione che sembra perseguitare il calcio oranje.

A Euro ’88, però, la storia cambia. Michels riprende i principi del calcio totale e li adatta a una squadra più fisica, meno votata all’estetica pura ma tremendamente efficace. Dopo aver superato la fase a gironi, la semifinale contro la Germania Ovest è una battaglia epocale: gli olandesi vincono 2-1 con un gol decisivo di Van Basten, un segno del destino, una sorta di vendetta per il 1974.

E poi la finale contro l’URSS. Gullit segna di testa, ma è il secondo gol che resterà per sempre nella storia: il destro al volo di Van Basten da posizione impossibile, un colpo che è insieme arte e scienza, genio e follia. È il capolavoro che consacra l’Olanda, il primo e unico trofeo della sua storia.

Rinus Michels, l’uomo del 1974, ha finalmente vinto. E il suo calcio, per una volta, ha avuto la gloria che meritava.

Da Sacchi a Guardiola: l’eredità di un genio

Si dice che le grandi idee non muoiano mai, e quella di Michels trova nuova vita in Italia, con Arrigo Sacchi. Il Milan degli olandesi – Van Basten, Gullit, Rijkaard – prende i concetti del calcio totale e li porta in un’altra dimensione: pressing asfissiante, squadra cortissima, fuorigioco scientifico. Sacchi prende la filosofia di Michels e la trasforma in un’arma letale.

Poi arriva Johan Cruijff, che dopo aver giocato per Michels, ne diventa il più grande discepolo. A Barcellona, crea la squadra che dominerà gli anni ’90, e pianta il seme di quello che verrà dopo. Quando Guardiola eredita quel Barcellona, lo trasforma nella squadra perfetta, il massimo compimento delle idee di Michels: possesso, movimenti continui, pressing alto, giocatori universali.

Oggi, ogni squadra che vuole dominare il gioco deve fare i conti con Michels. Dal Manchester City di Guardiola al Liverpool di Klopp, dall’Ajax che torna a incantare in Champions alla Spagna di Luis Enrique: tutto parte da lì, da un uomo che non si accontentava di vincere, ma voleva cambiare il calcio.