15 Marzo 2025
Disfatta Champions: preparatori di Serie A sotto accusa!

Il grande harakiri: Milan, Atalanta e Juve fuori dalla Champions, ma il problema è sempre lo stesso

Se non fosse tragico, sarebbe comico. Milan, Atalanta e Juventus si sono schiantate fuori dalla Champions League come tre facoceri ciechi lanciati a tutta velocità contro un muro di cemento armato. Tre squadre italiane, tre eliminazioni contro avversari sulla carta inferiori, che nella fase a gironi avevano mostrato più difetti che pregi. Eppure, a febbraio, i nostri si sbriciolano come biscotti mal riusciti.

Una questione di testa, ma soprattutto di gambe

L’italiano medio, quando si parla di pallone, ha una tendenza radicata a scovare sempre il colpevole in un’azione singola: un rigore sbagliato, un errore del portiere, una svista arbitrale. Ma qui il problema è sistemico, ed emerge in tutta la sua crudele evidenza: le nostre squadre arrivano a febbraio con le gambe molli. Mentre le altre volano, i nostri ansimano. Mentre le altre pressano, noi rinculiamo. Mentre gli altri accelerano, noi invochiamo la gestione.

Non è una coincidenza, è una condanna. Da anni si ripete lo stesso copione: le italiane brillano a sprazzi nella fase a gironi, per poi essere sommerse dall’atletismo di chi ha capito che il calcio d’oggi si gioca prima di tutto con la corsa. I preparatori italiani? Gente che si sente ancora nel Rinascimento, convinta che la gestione dei carichi e il picco di forma siano scienza esatta. Peccato che la realtà ci smentisca: le squadre di Premier, di Bundesliga, ma anche di Ligue 1 e Liga, e addirittura del campionato belga e olandese, corrono come dannate proprio quando inizia la fase a eliminazione diretta. Noi, invece, ci arriviamo col fiato corto, con i muscoli appesantiti, con un’idea di calcio che sembra vecchia di vent’anni. Per poi riprenderci a primavera inoltrata, quando diverse volte il danno è fatto.

Milan, Atalanta, Juve: tre crolli, un unico problema

Il Milan, che ha perso beffardamente la qualificazione diretta nel girone, si è visto dominare atleticamente nella gara d’andata da una squadra che sembrava dover essere la sua preda. Il match in terra olandese è stato un manifesto della superiorità fisica avversaria: quando i rossoneri cercavano ossigeno, gli altri sprintavano come se la partita fosse appena iniziata. A Milano, spinta dal pubblico, la compagine rossonera ha fatto meglio, ma Theo ha rovinato tutto. Atalanta e Juve, stessa storia: i bianconeri, da sempre abituati a soffrire, hanno patito un calo inspiegabile, mentre i bergamaschi, che sulla corsa hanno costruito il loro marchio di fabbrica, sono apparsi spenti proprio nel momento decisivo. Che fine ha fatto la famosa preparazione all’italiana?

Scendere dal piedistallo, in fretta

La verità è che dovremmo scendere dal piedistallo. Non siamo più i migliori nella preparazione atletica, anzi, siamo indietro anni luce. Il calcio moderno è scienza, dati, personalizzazione estrema dei carichi di lavoro. Noi, invece, continuiamo a pensare con mentalità da anni ‘90, convinti che basti la “bravura tattica” a colmare i gap fisici.

Ma il calcio d’oggi è verticale, intenso, brutale. Se non corri, sei morto. E noi, sistematicamente, moriamo a febbraio.

Fino a quando non lo capiremo, continueremo a raccontarci favole sul passato glorioso. Ma la realtà è un’altra: nel calcio che conta, non siamo più al passo con i tempi.