14 Marzo 2025

Cenni storici e regolamento sulle bestemmie dei tesserati

0

Dopo le ultime squalifiche per bestemmie, passiamo in rassegna curiosità e regolamento a riguardo

Cenni storici e regolamento sulle bestemmie dei tesserati

Negli ultimi anni non si sono placate le squalifiche inflitte dal giudice sportivo a calciatori e allenatori per bestemmie.

Un vento gelido soffia sulle panchine della Serie A, e stavolta a finirci dentro è Lautaro Martínez, nell’occhio del ciclone dopo un’espressione blasfema catturata durante il duello tra Juventus e Inter.

Ma la storia, si sa, ha la memoria lunga. Basta sfogliare qualche pagina indietro per ritrovare un altro protagonista: Andrea Sottil. Correva l’anno – nemmeno troppo lontano – in cui il tecnico venne punito dalla FIGC per aver ripetuto, udite bene, dodici volte parole irripetibili. Dodici. Un numero che pesa, soprattutto quando a pronunciarle è chi dovrebbe incarnare il senso della guida, del controllo.

E se parliamo di precedenti, impossibile non citare il caso di Beppe Iachini. Un uomo di campo, un combattente vero, uno che col calcio ha un rapporto viscerale. Eppure, nel 2014, quando sedeva sulla panchina del Piacenza, si vide sventolare due giornate di squalifica con una motivazione che, ancora oggi, sembra scritta da un romanziere: “aver bestemmiato per tutto l’arco della gara, inveito contro i calciatori avversari e rivolto una frase pesantemente ingiuriosa verso il proprio pubblico”.

Due giornate. Per Iachini, troppo severe. Un castigo eccessivo, come se gli avessero chiesto di rinnegare il suo stesso temperamento, il suo essere. Ma la giustizia sportiva, si sa, non guarda in faccia nessuno. E nella sua crociata contro le bestemmie, ha continuato a colpire. Anche Serse Cosmi, l’uomo del cappellino e della voce roca, all’epoca al Crotone, fu travolto da questo giro di vite.

E così, il calcio italiano continua a scrivere pagine di un copione che oscilla tra il sacro e il profano. Sul campo si combattono le battaglie per i tre punti, fuori dal campo si combattono quelle per la parola. E alla fine, resta sempre la stessa domanda: il pallone è davvero solo un gioco?

Ma cosa dice il regolamento? La Guida Pratica dell’AIA, relativamente alla Norma 12, specifica al punto 52 che debba essere punita con l’espulsione o l’allontanamento ogni condotta che comporti offesa, denigrazione o insulto per qualsiasi motivo (colore, religione, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica,…) o configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori. L’uso di un linguaggio o di gestualità osceni, volgari irrispettosi, come pure di espressioni blasfeme deve essere considerato rientrare in detta previsione normativa. Al verificarsi di tali infrazioni, constatate direttamente o su segnalazione di un altro ufficiale di gara, l’arbitro deve espellere (se calciatore) o allontanare dal recinto di gioco il responsabile.

Quello tuttavia che emerge è che l’applicazione delle norme dipende in larga misura dal giudice sportivo e dal commissario FIGC.
Correva l’anno 2001, un calcio italiano ancora intriso di poesia e contraddizioni. In panchina, Silvio Baldini, un tecnico sanguigno, di quelli che vivono la partita come un duello all’ultimo respiro. E proprio in un impeto di furore agonistico, Baldini si guadagnò un primato singolare: fu il primo allenatore nella storia della Serie A a essere espulso per una bestemmia. Un paradosso? Forse. Perché Baldini, ironia della sorte, era cattolicissimo, proprio come Lautaro e Buffon, altri due uomini di campo e fede. A decretarne la squalifica, con il rigore tipico della giustizia torinese, il magistrato Maurizio Laudi. Un episodio che resta negli annali, simbolo di un calcio che, tra sacro e profano, continua a scrivere pagine indimenticabili. La motivazione recitava: «Perché, al 47′ del secondo tempo, dopo aver oltrepassato i limiti dell’ area tecnica, nel rivolgersi ai calciatori della propria squadra pronunciava ad alta voce alcune espressioni blasfeme». Dal 2001 le bestemmie sono state considerate “reato” nel calcio.
 
La decisione fu adottata dall’allora commissario FIGC Gianni Petrucci. Lo stesso Petrucci non fu tenero contro la presa di posizione del sindacato internazionale dei calciatori FifPro, la quale tramite il suo avvocato Wil Van Megen, si oppose alla squalifica in caso di bestemmie, invocando la libertà di espressione: «ognuno ha il diritto di dire ciò che vuole, anche se può essere spiacevole. In base alle norme nazionali e alla legislazione internazionale, la libertà di espressione può essere rivista soltanto con un atto del Parlamento. Il potere di una federazione sportiva non può essere estesa ai diritti fondamentali. Se la Figc vuole punire questo, lo può fare solamente con l’appoggio del Ministero della Giustizia. Ma vorrei far notare che nessun governo ha fatto qualcosa del genere negli ultimi 100 anni». La risposta di Petrucci fu perentoria: «La FifPro ha perso un’occasione per tacere».

Lascia un commento