Le pagelle di Udinese-Napoli: Neres non si piglia, Anguissa qualità e settepolmoni

Dopo aver perso la vetta, scavalcato in classifica dall’Atalanta, il Napoli si presenta al Bluenergy Stadium per rimanere in scia alla Dea bergamasca. Trasferta delicata, dunque, al cospetto di una Udinese che attraversa un momento positivo: i friulani vengono dalla vittoria sul campo del Monza, importantissima in chiave salvezza. A quota 20 sicuramente i bianconeri potranno approcciarsi al match con maggiore tranquillità, giocandosela liberamente, a viso aperto. Ecco com’è andata…
Meret: 6,5
In un pomeriggio in cui il Napoli faticava a mettere la testa fuori dall’acqua, costruendo con pulizia dal basso, l’Airone fa rifiatare i suoi, distribuendo la palla coi piedi in modo ordinato e preciso, specialmente con i lanci a stimolare le ricezioni in profondità. Arriva a respingere il rigore di Thauvin. Peccato che i compagni dormano sulla ribattuta. Attento nella gestione delle uscite alte.
Di Lorenzo: 6,5
Il gioco del Napoli fluisce in modo asimmetrico, quasi prevalentemente a destra, dov’è la dimensione ideale del capitano. Che capisce l’importanza dei movimenti senza palla nell’economia della fase di possesso degli azzurri. Può salire alle spalle di Politano, supportandolo adeguatamente. In alternativa, posizionarsi internamente, nella classica posizione teorizzata da Guardiola, quella del “finto terzino”. Indicative le chiusure difensiva, i duelli spalla a spalla con Zemura, frutto di attenzione e concentrazione. Il velo in occasione del terzo gol di Anguissa vale il prezzo del biglietto.
Rrahmani: 6
Non si perde Thauvin quando rompe la linea. Il francese non dà alcun punto di riferimento, specialmente quando va andare incontro al compagno con la palla. In quel contesto, il kosovaro accorcia lo spazio, avvicinandosi all’avversario diretto anche lontano dalla “zona rossa”, senza perderlo nel traffico, perché poi è rapido nel correre all’indietro ed evitare che si possa chiudere l’eventuale triangolo. Non collassa e copre lo spazio sui pericolosissimi cross in cutback dalla fascia.
Buongiorno: 5,5
La sua forza sta nella tendenza a nascondersi tra le pieghe della partita. Salvo poi manifestarsi con tempi di reazione pressoché perfetti. Lucca lo sperimenta sulla sua pelle. Non prima di averlo provocato con una serie di espedienti, finte e spostamenti funzionali allo smarcamento, per ingannarlo e ricavarsi uno spazio dove ricevere liberamente. L’attaccante dell’Udinese però non trova terreno fertile, poiché l’ex Toro capisce quando tentare il tackle a ridosso dell’area di rigore invece di temporeggiare, preferendo un approccio maggiormente posizionale. Perde una palla sanguinosissima in uscita nel primo tempo, e meno male che Thauvin affretti la conclusione, calciando in curva. Oggi stranamente impreciso.
Olivera: 6
Dovrebbe proporsi maggiormente in avanti, obbligando Ehizibue ad assorbirne le sovrapposizioni. Forse gli manca un pizzico di esplosività per farlo con efficacia. Ma così rimane semplicemente un terzino di sistema, abile nell’esprimersi compiutamente solo in giocate specifiche. Per esempio, le volte che riceve alto nella trequarti altrui, potrebbe azzardare l’uno contro uno, perché ha nel suo bagaglio il piede educato per saltare l’uomo, e dopo provare insidiosi cross a giro. Peccato difetti nello spunto decisivo. Per coinvolgerlo maggiormente, Conte gli suggerisce di stringere centralmente, favorendo al contempo, il movimento in ampiezza di McT. Senza cavare un ragno dal buco.
Anguissa: 7
Non resta ai margini del match, nel limbo di una mediana intasata di uomini. Addolcisce i palloni e fa valere le sue letture col tipico passo frenetico ed al contempo assai dinamico. Pare avere dei tentacoli lunghissimi al posto delle gambe, che gli consentono di coprire ampie porzioni di campo in entrambe le fasi. Perché sa proteggere e indirizzare la palla. Oltre a strappare in conduzione, inserendosi alle spalle di Ekkelenkamp. Che forza mette nel trascinare i suoi fuori dalle sabbie mobili dove si erano impantanati, siglando il 3-1 con una cavalcata da stallone di razza.
Lobotka: 6,5
Proverbiale la sua intelligenza calcistica. Tenta di disegnare calcio attraverso uno stile inconfondibile. Con Karlstrom a schermarlo. giocando mediano su mediano, deve necessariamente sviluppare una regia diversa per non essere penalizzato. Con sangue freddo eccolo quindi abbassarsi per prendere posto tra i centrali, piuttosto che farsi scaricare la palla direttamente dai difensori. Una scelta controintuitiva perfino banale: da lì produrre gioco in sicurezza, senza l’uomo abbarbicato alle caviglie, era più semplice. Scambiando sul breve coi compagni e facendo progredire l’azione.
(dal 89‘ Gilmour: s.v.)
Garbage time e null’altro.
McTominay: 6
Imprescindibile per Conte avere un tuttocampista che sappia recuperare palloni e collaborare nello scandire i tempi della manovra. Ormai la posizione di partenza non è essenziale. Perché sa lavorare ad altezze diverse, conducendo o inserendosi senza palla tra le linee. Per esempio, aprendosi dietro Lovric, obbligando lo sloveno a fare una scelta: seguirlo oppure assorbire il movimento a stringere di Olivera. Oggi però è mancato clamorosamente dalla trequarti in su. Perciò anima il gioco in maniera poco convenzionale con un tocco aristocratico, che mette Lukaku davanti a Sava.
Politano: 6
Nella sua gara si fondono istinto e sensibilità, con cui riesce a sorprendere Zemura grazie alla tradizionale andatura caracollante. Che si tratti di giocare di prima con lo scarico veloce, incrociando con l’interno mancino. Oppure saltare l’uomo, chiudendo il controllo orientato col sinistro, ruotando verso l’interno, lasciandosi il laterale dello Zimbabwe alle spalle. Però non ha fatto i conti con Giannetti. L’argentino blinda la mattonella preferita dell’ex Inter e Sassuolo, mettendo in seconda battuta una pezza alle incursioni palla al piede che gli piacciono tanto.
(dal 85’ Ngonge: s.v.)
Classico giocatore “ombra”, che si fa trovare pronto accendendosi subito non appena il tecnico lo butta dentro, per scelta tecnica o necessità congenite. Magari non emana una luce abbagliante. Tuttavia, contribuisce alla causa, con impegno e dedizione.
Lukaku: 6,5
Quando riceve (quasi sempre) spalle alla porta usa il suo corpo per ammortizzare i contatti con Bijol, in modo da non risentire più di tanto contro una così marcatura stretta, mantenendo l’equilibrio senza scoprire il pallone. Non ha paura del contatto e si vede. Riesce a far risalire la squadra con pulizia sotto pressione. Il livello del suo rendimento sale in maniera esponenziale, se può attaccare con famelica cattiveria agonistica la profondità. Il pareggio è la fotografia esatta di questo mutato scenario tattico.
(dal 79’ Simeone: 6)
Bisogna essere onesti: non sarà sinuoso e ammaliante come i centravanti da copertina. Ma sa proteggere la palla in spazi ridotti al minimo, che fanno rifiatare i compagni che boccheggiano per la stanchezza. E poi entra nell’azione del 3-1 con tempestività e spirito di abnegazione.
Neres: 7
Per niente impaurito dall’idea di dover sostituire una icona del calibro di Kvara: il metro di paragone non deve certamente essere il georgiano. Eppure, Conte ripone tante speranze nell’ex Benfica. La delicatezza con cui tocca la palla combina esplosività a tecnica sopraffina. Sfiora subito il gol con una sgasata ipercinetica. Un primo passo bruciante, che lascia immaginare per Ehizibue un futuro carico di problemi. C’è tutto questo nei suoi guizzi fulminei nell’arco dell’intero incontro, che tengono costantemente in apprensione i bianconeri. Si mette in proprio, rompe l’accerchiamento sull’out, spezzando raddoppi e tentativi di falciarlo, andando a procurare l’autorete di Giannetti.
(dal 85‘ Raspadori: s.v.)
Da esterno mancino, può partecipare alla costruzione e poi alzarsi sulla trequarti per rifinire. C’è un piccolo inconveniente, la manciata di minuti che gli viene concessa in ogni partita fa scoprire le sue carte da giocatore triste. Magari è tempo di iniziare a dimostrare altro. All’ombra del Vesuvio o con un’altra maglia addosso.
Allenatore Conte: 6
Il Napoli va subito a pressare i friulani nelle loro metà campo, segno tangibile di voler spostare notevolmente il baricentro in avanti. Ciò implica dover accettare qualche rischio. Non è un caso se a cavallo del 15’ gli azzurri perdano banalmente ben tre palloni consecutivi nella risalita dal basso, potenzialmente pericolosissimi. Ed il rigore nasce da un’ennesima riconquista della palla, che attiva la rapida transizione dei padroni di casa. In tutto questo, la squadra sembra non reagire. Soffre la fisicità dell’Udinese. E si espone al contropiede altrui. Inoltre, continua a lavorare per inerzia. Insomma, fa fatica a trovare la soluzione idonea a ribaltarla. La tranquillità che denota in panchina, però, certifica che ha in testa un piano-gara preciso. In effetti, non tocca nulla fino a pochi minuti dalla fine, scommettendo su un calcio forse poco divertente, almeno per i palati sopraffini. Nondimeno, pratico ed efficace.
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