ESCLUSIVA PSC – Gianfelice Facchetti racconta papà Giacinto e il mondo Inter: “Una famiglia senza confini”
Sarti, Burgnich, Facchetti… inizia così la formazione dell’Inter degli anni 60 passata alla storia come la “Grande Inter”, una delle squadre più vincenti della storia del calcio.
Giacinto Facchetti, soprannominato affettuosamente Cipe dal tecnico argentino Helenio Herrera, è senza dubbio uno dei calciatori più rappresentativi della storia del club nerazzurro e del calcio italiano, avendo rivoluzionato, sotto la guida del “Mago”, la figura del terzino sinistro rendendolo offensivo in un epoca in cui il numero 3 della numerazione classica che andava dall’1 all’11 era considerato prettamente difensivo e destinato a calciatori poco dotati tecnicamente.

Vera e propria bandiera dell’Inter, Giacinto Facchetti ha vestito per tutta la sua carriera la maglia nerazzurra totalizzando 637 presenze 76 gol e 3 assist in 18 stagioni scrivendo alcune delle pagine più belle della storia del club milanese e contribuendo alla vittoria di 4 scudetti, una Coppa Italia, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali.
Con la maglia azzurra dell’Italia, invece, Facchetti ha disputato 94 partite mettendo a segno 3 gol sollevando da capitano il primo titolo europeo della storia della Nazionale vinto nel campionato europeo 1968 disputatosi in Italia.
Appesi gli scarpini al chiodo Giacinto Facchetti è stato anche dirigente dell’Inter, ricoprendo i ruoli di vicepresidente dall 2001, poco prima della morte dell’avvocato Prisco, e presidente dal gennaio 2004 fino al 4 settembre 2006, data della sua dipartita.
Gianfelice racconta Giacinto: “Difficile che la storia di mio padre si ripeta in questo calcio”
Gianfelice tuo padre ha giocato tanti anni nell’Inter e dopo è stato anche in dirigenza, com’è stato crescere nell’ambiente nerazzurro?
“Per quanto riguarda lo spogliatoio ho pochi ricordi. Mio padre si è ritirato nel 1978, quando avevo quattro anni, però da piccolino mi portava al campo di allenamento. Successivamente quel mondo l’ho sempre frequentato perché andavo con lui alle manifestazioni dei vari Inter club e ho frequentato tantissimo San Siro insieme a mio padre. Come figlio di Facchetti, ho sempre avuto l’impressione di far parte di una famiglia più grande, oltre alla nostra, una famiglia senza confini”.

Anche se eri un bambino, ricordi una partita di tuo padre?
“Non ho ricordi delle partite di mio padre, perché ero troppo piccolo quando era ancora in attività ma ho visto le registrazioni insieme a lui. La partita a cui era più legato era la rimonta con il Liverpool nella semifinale di Coppa dei Campioni del 1965″.
Oggi nell’Inter c’è qualcuno che te lo ricorda in campo o in dirigenza?
“In questa fase sinceramente non saprei. Siamo in un periodo storico di continui capovolgimenti di fronte quindi non è facile fare dei paragoni perché quello di oggi è un calcio molto liquido dove tendenzialmente i calciatori o per volontà loro, o dei loro procuratori che hanno troppo potere o per le necessità economiche dei club, vengono continuamente spostasti da una squadra all’altra. Potenzialmente penso che qualche calciatore che possa diventare bandiera dell’Inter c’è e mi auguro che magari, nonostante tutti i cambiamenti che ci sono ogni anno, possano nascerne di nuove.”
“Ci sono calciatori che hanno scelto l’Inter e sono rimasti sin qui ed è raro oggi perché nel calcio non sono sempre loro a decidere: ad oggi mi viene difficile fare dei nomi. Per quanto riguarda la dirigenza, papà ha fatto tanti anni all’Inter e, da dirigente, ha avuto per tanti anni importanti ruoli di rappresentanza a livello internazionale con la FIFA e con la Uefa ed era molto rispettato, ma anche qui non saprei che paragoni fare. Ci sarebbe Javier Zanetti ma, per quanto amato dai tifosi e ami l’Inter, ha cominciato da poco a percorrere quella strada e bisogna lasciargli giustamente il tempo per fare esperienza”.
Facchetti e il mercato dell’Inter: “Da tifoso spero sempre nella competitività, ma l’Inter deve autofinanziarsi”
Per quanto riguarda il mercato che differenza c’è tra l’Inter dell’era Moratti, quando tuo padre era presidente, e l’Inter di Zhang? E, secondo te, l’Inter quest’anno è da scudetto?
“Penso che per fare dei bilanci e dei pronostici bisogna aspettare la fine del mercato, che è lunghissimo, e fino alla chiusura del calciomercato possono accadere ancora tante cose. La società era partita con le idee chiare ma purtroppo c’è la tagliola dei conti che devono quadrare e quindi i soldi prima di uscire devono entrare e questo fa perdere il momento. Per esempio l’Inter aveva già in mano l’erede di Onana, che era Vicario, ma l’ha perso perché non ha potuto ultimare l’acquisto in quanto prima doveva aspettare che arrivassero i soldi della cessione.“
“Per completare la rosa, e mettere tutti i tasselli al posto giusto, bisogna aspettare più del previsto ma Ausilio e Marotta hanno dimostrato di avere grandi capacità e di saper lavorare anche in mezzo alle difficoltà. Non ci sono molti paragoni da fare tra l’Inter di Moratti e quella di oggi. In passato c’era molta più possibilità di spesa. La proprietà attuale era partita spendendo molto poi sono cambiati gli scenari in Cina e, di conseguenza, è cambiata anche la linea del club.”
“L’Inter ogni anno deve autofinanziarsi vendendo i pezzi migliori: una strada da una parte virtuosa ma non sempre percorribile, perché ogni tanto qualche investimento serve, specie se sei l’Inter e vuoi continuare a restare tra le grandi. Da tifoso non mi spaventa andare a piccoli passi ma, ragionando appunto da tifoso, spero che l’Inter trovi giocatori forti per essere competitiva”.
Facchetti e lo stadio: “C’è la volontà di realizzarlo, ma il nome andrebbe a uno sponsor…”
Oggi l’Inter avrebbe bisogno di una nuova casa quanto sarebbe bello e romantico vedere un nuovo stadio intitolato a Giacinto Facchetti o alla Grande Inter?
“Sicuramente la volontà di fare uno stadio nuovo c’è o comunque San Siro necessita di qualche intervento di modernizzazione. Io spero che l’Inter abbia una proprietà forte, che sia questa o un’altra, che decida di fare degli investimenti per farlo diventare il proprio stadio.”

“Per quanto riguarda il nome già San Siro è intitolato a Giuseppe Meazza, che è una bandiera dell’Inter e, dal mio punto di vista, non vedo il motivo di cambiarlo perché Meazza è un nome immortale. Poi, in caso di stadio nuovo, il calcio ormai corre nella direzione di dare agli impianti il nome degli sponsor, questo porta ad essere sganciati dalla storia ma è un modo di far cassa col mercato.“