Pasquale Bruno, non si può piacere a tutti
«Non è stato un violento, ma un esibizionista della violenza». Da queste parole di Adalberto Bortolotti, introduciamo il nostro pezzo su Pasquale Bruno, vecchio cuore granata
Nel corso della sua carriera, Pasquale Bruno si è guadagnato l’etichetta di calciatore aggressivo, fisico e duro, con la tendenza a commettere falli cattivi e a collezionare cartellini, attirando spesso critiche e polemiche e guadagnandosi il soprannome di “O’ animale”. Per il suo stile di gioco. In totale, ha ricevuto oltre cinquanta giornate di squalifica nel corso della sua carriera.
Il soprannome gli fu dato dal compagno di squadra Roberto Tricella ai tempi della Juve per la sua somiglianza con il pentito Pasquale Barra. Per questo motivo, Bruno non gradiva. Il centrale pugliese preferiva essere chiamato Diabolik, vista la somiglianza con il protagonista dei fumetti della casa editrice Astorina.
Eppure non girano voci negative su Pasquale Bruno fuori dal campo, tantomeno leggende metropolitane. Nonostante abbia incarnato lo stereotipo del cattivo ragazzo, non è mai salito alle cronache per episodi fuori dal rettangolo di gioco. Un caso assolutamente rarissimo. Nella vita di tutti i giorni Pasquale Bruno era Dottor Jekyll, mentre in campo si trasformava nel malvagio Mister Hyde.
Bruno ha giocato per diversi club italiani nel corso della sua carriera. Con la Juve ha vinto una Coppa Italia e una Coppa UEFA. Successivamente è passato ai rivali cittadini del Torino, con cui ha vinto un’altra Coppa Italia nel 1993. Bruno ha giocato poi per Fiorentina e Lecce, squadra dove era cresciuto.
Il difensore pugliese ha poi concluso la carriera oltremanica, giocando in Scozia nell’Heart of Midlothian Football Club, squadra dai colori granata, proprio come il Toro.
«Io non sputo nel piatto dove ho mangiato: la Juve mi ha dato il successo, i soldi e la possibilità di conoscere alcuni grandi personaggi come l’Avvocato Agnelli e Boniperti. Quella maglia granata, però, mi è rimasta addosso per sempre».
San Donato è uno dei tanti paesini del Salento, quelli che gli ha dato i natali. Il Salento è un po’ come Bruno, ha due facce, soprattutto in estate. Di giorno è addormentato e tranquillo, mentre la notte è vivo e vegeto con feste e sagre dappertutto, proprio come lui fuori e dentro il rettangolo di gioco.
La stampa lo ha dipinto come un calciatore sadico e cattivo. In qualche occasione non ha certo smentito questa fama, in particolare a seguito di un intervento su Raducioiu. Bruno ha costruito la sua carriera facendo leva su questa fama di cattivo, per sua stessa ammissione.
Le sue parole contro la prova TV sono esemplificative della sua personalità: «Il calcio è fatto di colpi proibiti ,ecco perché sono contro la prova TV: ci sono dai 4 ai 6 arbitri sul campo, è compito loro vedere quello che succede, quello che sfugge ai loro occhi sono problemi di attaccanti e difensori».
La sua aggressività e il suo impeto in campo fanno passare in secondo piano le sue doti da calciatore. Bruno era un marcatore vecchio stampo, aggressivo, che sapeva francobollarsi all’avversario, non dandogli respiro e capendo le intenzioni in anticipo. Il difensore pugliese non ha mai esordito in nazionale a causa dell’incredibile concorrenza. I 283 voti con scritto “Pasquale Bruno in nazionale” sulla rubrica “Le 5 cose per cui vale la pena vivere” del settimanale “Cuore” sono emblematici.
«Al Torino Bruno trova il suo habitat, è il gladiatore a lungo atteso». Parole e musica di Adalberto Bortolotti. La tifoseria torinista invece ha sempre apprezzato di più, chi ha versato per la maglia lacrime, sangue e sudore. Bruno entrò a far parte di una squadra composta da gente con gli attributi, come “Rambo” Policano ed Enrico Annoni, calciatori che non tiravano mai indietro la gamba e che la mettevano quando serviva e quando non serviva.
Mondonico in granata costruì il Toro più bello dopo Superga, se si eccettuano gli anni di Radice. Quel Toro conquistò l’Europa, superando in classifica la Juve di Maifredi, raggiunge anche il podio nel 1992 ma soprattutto arrivò in finale di Coppa Uefa.
Ci arrivò portando sessantamila anime al Delle Alpi, impresa improba ed eliminando il Real Madrid con un netto due a zero, dopo aver sfiorato la vittoria al Bernabeu. Trovò l’Ajax nella doppia finale e tutti ricordiamo il Mondo mentre nel vecchio catino olandese issò in cielo una sedia, furente contro l’arbitro e contro la malasorte che fa colpire diversi legni ai suoi. Vinse poi la Coppa Italia nel 1993, regalando l’ultimo trofeo ai torinisti. Uno dei trofei vinti anche da Pasquale Bruno.
Simpatico un aneddoto quando fu ospite a un’edizione di Sanremo condotta da Pippo Baudo. A un certo punto, il presentatore gli chiese come, da grande difensore quale era, avrebbe “marcato” l’africana Cannelle e l’albanese Ana Oxa. O’Animale, senza battere ciglio, rispose semplicemente: «Per Cannelle vedrei bene una bella marcatura a uomo, mentre per la Oxa, più misteriosa, la controllerei a zona».
Schietto, sincero, aggressivo, violento, cattivo, inopportuno, tenace, focoso coriaceo, sanguigno. Questi sono stati alcuni degli aggettivi con cui è stato definito Pasquale Bruno. Alcuni hanno un’accezione positiva, altri negativa, a dimostrazione del fatto che a Pasquale Bruno o lo ami o lo odi. Tertium non datur.

Osservatore della realtà, amante dello storytelling, del calcio inglese e della tattica. DS di AC Rivoluzione